Il gatto con gli stivali

Da “ Il gatto con gli stivali”, Perrault

Bettelheim, sottolinea come nemmeno in questa fiaba che si differenzia un po’ dalle altre in quanto l’eroe si garantisce il successo frodando, siano importanti i fatti in sé, in quanto ciò che conta è che in questo caso la speranza che si offre è che anche i più umili possono farcela.

Qui vorrei  proporre una riflessione.

Rifacendomi a quanto ho sostenuto precedentemente rispetto alle modifiche che una cultura può apporre ai racconti, penso che anche l’interpretazione degli stessi possa variare non solo da cultura a cultura ma anche da momento a momento.

Mi spiego: io sono profondamente convinto che il momento storico che l’occidente sta attraversando ed in particolare il nostro paese, sia un buon esempio di come la cultura può interferire e rendere meno chiari ed univoci i vissuti ed i messaggi di cui è portatrice la fiaba. In un paese ed in un momento in cui il successo è proposto come unica meta e portatore di senso dell’esistenza, in cui i confini tra l’eroe buono e quello cattivo (mafioso) sono estremamente sfumati fino al punto da rendere il mafioso eroe, ecco che la valenza positiva che avrebbe dovuto o potuto infondere la fiducia di poter riuscire, vacilla.

In questa fiaba il protagonista infatti non è parte attiva nella sua riuscita, il gatto fa per lui ciò che lui non è in grado di fare. Per ottenere il risultato inoltre non solo truffa l’orco o il gigante, ma minaccia di morte i contadini qualora questi non seguissero le sue indicazioni: questo atteggiamento che in altri contesti può rappresentare lo sfondo per il messaggio di fiducia nella riuscita, nel nostro contesto credo possa al contrario perdere le sua caratteristiche mitiche e scadere su di un piano concreto decisamente poco produttivo.

Se, come è vero, nella fiaba l’eroe compie un processo di individuazione che lo porta a superare la situazione di crisi per uscirne in qualche modo “adulto”, in questa fiaba ciò sembra non avvenire, ed in qualche modo essa rischia di ricalcare uno stereotipo negativo del raggiungimento del successo molto in voga oggi nella nostra società. Il protagonista qui pare non avere virtù ed affidarsi totalmente ed in modo quasi inconsapevole.  Inoltre credo che anche il bisogno di magia del bambino, qui possa in qualche modo venire a mancare per le ragioni precedenti.

Ogni fiaba comunque è in qualche modo caratterizzata da aspetti maggiormente evidenti ed proprio questa la ragione per cui, al di là della preferenza concreta per un certo racconto piuttosto che per un altro, i bambini scelgono o rifiutano determinate storie.

Questa è anche la dimostrazione che la fiaba è in grado di portarci là, in quelle profondità  dove spesso è difficile arrivare per altre vie. La fiaba, dunque il mito, come suggerisce  Franco Pajno Ferrara non rappresenta mai qualcosa di appena avvenuto in questo luogo, ma è sempre in grado di spiegare la realtà di questo momento in questo luogo. Ci aiuta a fondare la realtà nella quale viviamo rendendola certa e alla fine del racconto c’è qualcosa dentro di noi che prima non c’era. Ferrara sostiene che i primi racconti mitici riguardano il tentativo di rendere reale il mondo, seguono poi quelli che rendono reale la propria esistenza e poi quelli che riguardano le attività quotidiane. Per ultimi vengono i percorsi all’interno di se stessi.

Il passaggio dalle cosmogonie alle teogonie per finire alla ricerca dentro di sé, dunque.

E non  è forse questa una metafora del processo di individuazione?

La struttura della fiaba che abbiamo avuto in mente durante i gruppi con i bambini, si può  schematizzare come segue:

 

 

 

 

 

 

 

Osservando questo schema, è facile vedere che vi sono dei passaggi fondamentali che caratterizzano e distinguono appunto la fiaba da altri racconti.

I passaggi che Lafforgue ritiene fondamentali sono  quattro:

1.    Una situazione di equilibrio iniziale.

2.    Una situazione di squilibrio causata da un evento modificante.

3.    Il superamento delle prove da parte dell’eroe, condizione sine qua non per la trasformazione.

4.    Soluzione che riproduce una situazione di nuovo equilibrio.

Bambini psicotici o cosiddetti borderline, mostrano una diversa modalità di attribuzione dei ruoli;  si identificano più facilmente con personaggi che soccombono puttosto che con l’eroe, ad indicare la fragilità del loro io.

Il racconto della fiaba all’interno del percorso terapeutico del gruppo rappresenta dunque la possibilità per i bambini di narrarsi, offrendo loro  la possibilità di mettersi in gioco in modo “indiretto”, vale a dire mediato dai personaggi e dalle situazioni che la fiaba propone. L’obiettivo però resta quello di arrivare alla narrazione da parte dei bambini delle loro storie.