«Gentilissimo professore, sono un nonno quasi ottantenne, ma mi permetto di scriverle per lo studente che sono stato e per la gratitudine che provo leggendo gli articoli che mi procuro per due mie nipoti di prima e terza liceo. Il punto è questo, si ritorna a scuola (forse) e i messaggi che pervengono dai professori sono: “Finalmente faremo verifiche — tutte le materie e tutte insieme — e siccome è un anno normale, ci saranno bocciati e debiti”. Io colgo la sfiducia, anche offensiva per chi si è impegnato tutto l’anno, e forse l’indifferenza per quanto hanno vissuto i giovani. Così le mie nipoti preferirebbero restare a casa quest’ultimo mese, pur avendo sempre desiderato tornare a scuola. Questi professori mi ricordano la dedica di Jannacci alla canzone Il giudizio di Dio: “A chi assiste a eventi epocali, ma non se ne accorge!”, forse non sanno cogliere il tempo opportuno che esige anche di cambiare». Ringrazio questo nonno che mi ha ricordato che in questi mesi non abbiamo perso voti ma vite, non pezzi di programma ma di crescita, e la minaccia non può essere la risposta di un adulto. Il sapere non cresce nella paura della verifica, ma nella gioia della scoperta. È anche una questione di chimica, il sangue infatti si raccoglie dove serve: la gioia coinvolge tutto il corpo e irrora in particolare il petto e la testa; la paura invece solo il petto, il cervello si paralizza. Dovremmo chiederci: se non potessi far leva sulla paura per far studiare i ragazzi, studierebbero?
Per eliminare la paura ogni maestro dovrà trovare strategie adatte all’età dei discepoli e alla materia. Io per esempio programmo verifiche e interrogazioni in anticipo, solo così diventano un momento di scoperta: non mi interessa scovare ciò che lo studente non sa (capisco subito se ha studiato o no), ma che cosa può scoprire in base a quello che ha studiato (più studia, anche al di là dei compiti, e sa organizzarsi, più la prova lo gratificherà), perché cerco di porre domande feconde per il modo in cui il cervello umano scopre (andando dal noto all’ignoto), domande che non richiedono risposte chiuse da ripetere come io mi aspetto (addestramento), ma invitano a far scoperte che possono spiazzare anche me (spesso ho dovuto arricchire o rettificare ciò che pensavo). Solo così lo studente diventa protagonista del sapere, la verifica diventa un dialogo e la partita dopo tanto allenamento. La paura è sostituita dalla responsabilità, l’ansia dalla curiosità, la fatica dalla sfida. Togliamo la paura da questo mese di scuola, che non è evitare ciò che si deve fare, ma recuperare vite e non solo voti.
26 aprile 2021, 06:59 – modifica il 2 maggio 2021 | 12:24
Tratto da: Corriere della Sera, Ultimo banco.